Panopticon

«Prima di giudicare la mia vita o il mio carattere mettiti le mie scarpe, percorri il cammino che ho percorso io. Vivi i miei dolori, i miei dubbi, le mie risate. Vivi gli anni che ho
vissuto io e cadi là dove sono caduto io e rialzati come ho fatto io.»
– Luigi Pirandello

Evocando le parole scritte da Luigi Pirandello, facenti riferimento ad alcune deviazioni di percorso intercorse nella vita dello scrittore siciliano, Oppy De Bernardo produce «Panopticon», opera realizzata in collaborazione con alcuni detenuti delle strutture penitenziare di Bollate (Milano) e Lugano, consistente in una scultura composta da calchi in materiale sintetico di scarpe indossate da alcuni detenuti.

Panopticon sfrutta la struttura del mandala per creare un’atmosfera di solennità. La varietà di forme e modelli è parzialmente erosa dalla decisione di conferire all’insieme un’uniformità cromatica che, unita all’assenza di stringhe e lacci (un sottile ma pertinente riferimento alla regola carceraria secondo cui potrebbero costituire un pericolo o un’arma) e soprattutto all’inaccessibilità delle scarpe stesse, rappresenta l’essenza del pensiero pirandelliano.

Non si può camminare in queste scarpe. Si può solamente guardarle, girarci intorno e prendere consapevolezza che questa distanza stabilisce l’impossibilità di esprimere un giudizio vero e proprio.

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